VILLE E PALAZZI

Villa Suardi a Novale   Castello-Suardi.jpg (58723 byte)

La frazione di Novale è stata ridisegnata alla fine dell’Ottocento, quando sono state demolite le case dei contadini, che sorgevano nelle vicinanze della casa padronale dei Suardi, per consentire alla famiglia il rifacimento delle loro abitazioni. E’ sorto in tal modo, ex novo, quel complesso, con mura, merli ghibellini e torre, di stile medioevale, che affianca nella parte nordorientale, la grande villa, la quale ha un andamento ad L e rivela caratteri secenteschi nella fronte che guarda verso l’ingresso, conclusa in un coronamento con l’imponente stemma barocco, in alcuni particolari dell’interno ed anche nella facciata verso il giardino.Castello-Suardi1.jpg (186892 byte)

Un lungo atrio si affaccia direttamente sullo spiazzo antistante il giardino; due scaloni alle estremità portano al piano superiore; le pareti sono decorate con sagome a stucco ed affrescate con monocromie; la galleria superiore è anch’essa affrescata con riquadri settecenteschi analoghi ai precedenti, ma di maggiori dimensioni. All’esterno si estende il grande prato all’inglese. Dell’antico maniero medievale è stata conservata una torre, che risale al secolo XIV, circondata da verde, visibile di fronte alla porta laterale della chiesa di Santa Barbara.

 

Suardi al Niardo

Suardi-Niardo.jpg (145155 byte)Se è vero che il toponimo avrebbe il significato di guardia controllo, il colle Niardo si presenta come una sentinella che controlla l’imbocco della valle Cavallina e lo sbocco nella pianura. Probabilmente una prima fortificazione era collocata sullo sperone settentrionale (dove sono conservate le fondamenta), successivamente, si parla del secolo XIII-XIV, è stato costruito l’attuale maniero, con una torre quadrata dal lato di sette metri, con i muri dallo spessore di oltre due metri e trenta, inserita obliquamente all’interno della corte e certamente alta il doppio, prima del decreto veneto del 1455. La porticina di accesso alla torre si trova all’altezza di sette metri ed è coperta da un architrave monolitico a forma triangolare, che si ripete anche nelle altre torri superstiti di Trescore.

Una bella porta ogivale, con scanalatura per la saracinesca, tre locali coperti da volta a botte, resti di antiche muraglie sono inseriti in un complesso trasformato in residenza si uno dei rami della nobile famiglia Suardi. La torre è monumento nazionale.

 

Lanzi alla Minella

Certamente il più famoso dei castelli di Trescore, per le vicende storiche di cui è stato protagonista, specialmente durante le lotte tra guelfi e ghibellini. E’ stato proprietà della famiglia ghibellina dei Lanzi dal secolo XIII, anche se in tempi diversi è passato temporaneamente ai Terzi ed ai Suardi: qui forse sono stati ospitati gli imperatori di passaggio, se lo imponevano ragioni di sicurezza.

Con la decisione di Venezia del 1455 il fortilizio andò in rovina: furono demolite le strutture periferiche, soprattutto il nucleo dominante sul ciglio del colle, con una grande sala a crociera di cui restano vestigia, caddero le torri (una di esse era la più grande di tutte quelle del paese) e furono abbassate le cortine, fino a diventare semplici mura di cinta, rimasero in piedi i portali d’ingresso e poche altre muraglie.

Non esiste più l’antica chiesa dedicata a San Michele arcangelo, mentre si leggono ancora gli stemmi delle famiglie nobili che si sono succedute nella proprietà, fino ai Caccia, ai Radici, agli Ambiveri: ciascuna ha contribuito per la sua parte a trasformare il manieri in casa di campagna, con annessi gli edifici necessari alla conduzione di un’anzienda agricola. Attualmente è residenza privata.

 

Villa Terzi a Canton   

canton5.jpg (162713 byte)Voluta dal marchese Gerolamo Terzi, è stata progettata dall’architetto Filippo Alessandri, che ne ha fatto una delle espressioni più complete di architettura settecentesca della provincia bergamasca. Ha uno schema a blocco con trecanton6.jpg (197049 byte) piani di soggiorno ed un sottotetto con piccole finestre. I tre piani nobili includono locali di soggiorno al piano rialzato e camere da letto, disposte attorno ad un salone centrale, ai piani superiori. La pianta è simmetrica, con l’ingresso canton2.jpg (139532 byte) principale preceduto da un giardino all’italiana: di dimensioni non eccezionali si evidenzia per le graziose e complesse volute disegnate dalle siepi di bosco. I due eleganti parterre sono affiancati da altrettante grandiose magnolie simmetriche che ne sottolineano la regolarità.

La magnificenza della costruzione, che si erge in posizione eminente rispetto al paese, visibile dalla strada regia, è accresciuta dalle numerose statue, opera di Giovanni Antonio Sanz, scultore austriaco, molto noto a Bergamo nella metà del Settecento. Il monumentale ingresso con cancelli e pilastri, posto sull’asse della villa, è ornato dalle statue di Apollo, Diana, Minerva e Bacco.

canton3.jpg (181545 byte)Gli affreschi interni, pur non essendo di esecuzione particolarmente raffinata, mettono in evidenza, nel gioco delle volte, finti sporti di cornici e di sagome, che fanno risaltare, con efficaci chiaroscuri, festoni di foglie, raggruppamenti di fiori, curvature di mensole e cartocci barocchi: nel complesso rivelano una pittoresca abilitè inventiva. Attorno alla villa, ben restaurata in questi anni, soprattutto la splendida facciata riportata ai colori originali, si raggruppano, con disposizione funzionale, altri edifici, tra i quali le grandi scuderie, oggi adibite a sale riunione ed a ristorante.

E’ uno degli edifici riconosciuti tra quelli monumentali della provincia.

 

Palazzo Mosconi Celati a Strada

Palazzo-Celati.jpg (147129 byte)Nel 1774, il conte Giovanni Mosconi affida i lavori per la costruzione del suo nuovo palazzo di Trescore al capo mastro Luca Lucchini, che, per prima cosa, procede alla demolizione, almeno parziale, delle vecchie case, che i Mosconi abitavano dal almeno tre secoli.

Un riquadro affrescato di una sala al pian terreno, databile alla metà del Settecento, consente di intuire le varie tappe della costruzione.

La fronte, che appare di carattere neoclassico, ha tuttavia al pianterreno, l’accesso centrale con portico a tre luci, intervallate da colonne di ordine toscano e con tre porte a largo contorno di pietra, che sembrano rivelare una precedente struttura  secentesca. Quella centrale nmette al grande salone, con volta decorata da un affresco rappresentante il giudizio di Paride, opera del milanese Federico Ferrario (Milano, 1714-1802), autore probabile anche di alcuni affreschi di altre sale. A sinistra del portico centrale, una porta arcuata dà accesso ad un ampio scalone a tre rampe di carattere nettamente neoclassico, con imbocco a due colonne ioniche: alle pareti sono infisse decorazioni in stucco. Le decorazioni alle pareti dei vari ambienti sono di Battista Salvatoni di Gandino, qui chiamato, attorno al 1836, dall’ultima proprietaria, la nobile Silvia Adelasio Mosconi Celati.

La lunga galleria del primo piano è decorata con sagome prospettiche della fine del Settecento.

Dal cortile cominciava un ampio viale verso oriente, in asse alla casa, fino a raggiungere un cancello, ancora in parte visibile sulla strada, che conduce alle Terme. Analogo viale, lungo trecento metri, cominciava dalla imponente facciata interna e conduceva ad altro cancello nella zona che oggi confina con l’ospedale.

L’uso del palazzo come orfanotrofio e scuole elementari, dal 1863 in avanti, ha comportato trasformazioni che hanno in parte deturpato specialmente alcune parti interne.

 

Villa Colleoni in Grena

La costruzione appartiene ad un ramo della famiglia Colleoni e si trova in vetta al colle chiamato Grena, al confine con il comune di Zandobbio, da dove parte la strada privata di accesso. Si tratta di un complesso dominicale, con annesso rustico, posto in situazione paesistica, tra terra e cielo, di straordinaria amenità.L’edificio è a due piani più l’ammezzato; il corpo centrale ha un portico profondo, con cinque archi ribassati su pilastri ed è sormontato da una torre, che corrisponde al vano scala. Nel giardino sorge la chiesetta dedicata alla Visitazione, ornata di stucchi. Motivo principale di attrazione è il grande ciclo pittorico di Vincenzo Bonomini (1757-1839), realizzato attorno al 1800, il paesaggio circostante ha certo influito sulle scelte tematiche e sul tono della decorazione, che indulge ad accenti naturalistici. Solo in alcuni dipinti marginali è facile individuare la mano di alcuni assistenti, mentre si riscontra, qua e là, perdita di freschezza dovuta ad alcuni restauri di epoca recente.

I temi sono i più vari: dalla mitologia greca a quella romana, dalle novelle ai fenomeni stagionali, dall’antico al nuovo testamento, dalle fortune della famiglia Colleoni alle grottesche. Anche in questo ciclo traspare ogni tanto, il carattere scanzonato del pittore, celebre specialmente per i macabri, conservati nella chiesa di Santa Grata in Borgo Canale, sua parrocchia di origine.

 

Villa Tiraboschi

Vicino alla passa, da sempre centro della vita cittadina e residenza delle famiglie più cospicue, questa ville neoclassica presenta verso occidente una larga fronte ben ritmata da lesene e cornici. E’ alta tre piani, con un sottotetto illuminato da piccole finestre orizzontali e con due ali laterali, di altezza disuguale. Un portico trabeato, su colonne e pilastri, si apre al piano terreno, mentre al primo piano le finestre presentanu balaustre a filo della parete: quelle centrali hanno timpano triangolare.

Una cancellata separa il cortile dal brolo che, prima delle moderne costruzioni, si estendeva fino al torrente Tadone. Abitata dalla famiglia di Enrico Tiraboschi, cui è dedicata la via, famoso per essere il primo ad aver attraversato la Manica a nuoto nel 1923.

Sono stati recentemente messi in luce resti di muratura di epoca medioevale, a riprova che, come risulta da atti d’archivio,, la casa è sempre stata abitata da famiglie della borghesia locale. Tra il Settecento e l’Ottocento era abitata dalla famiglia Caspani: proprio nel brolo dei Caspani avvengono alcuni scontri durante il periodo della dominazione francese tra i valligiani, rimasti fedeli a Venezia, e i soldati della Repubblica bergamasca.

 

Villa Medolago Albani a Redona.

Villa-Redona.jpg (135067 byte)In questa frazione, posta di fronte ad Entratico, risulta risiedere, fin dal Cinquecento, la nobile famiglia Scarpa, di origine gandinese, che aveva possedimenti anche in val Roveto, dove pure sono visibili i segni di una abitazione signorile, con colonne, porticato, logge.

Il ramo di Trescore della famiglia Scarpa, nella quale si sono distinti molti ecclesiastici e notai, si estingue alla fine del Settecento e le proprietà, dopo alterne vicende, pervengono ad un ramo dei Mosconi di Leffe, solo lontanamente parenti dei conti di Trescore.

Giovan Maria Mosconi fa costruire la villa, chiusa da due edifici rustici, dove ancora sono ben visibili strutture medievali, come la pur restaurata chiesa dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, già testimoniata nel primo Cinquecento, che era anche cappella sepolcrale degli Scarpa.Medolago Albani.pg.jpg (134629 byte)

Un cancello, tra pilastri con vasi, è l’ingresso dalla strada: una scalinata sale al terrazzo davanti alla villa, la quale si presenta su tre piani con una fronte armonica, segnata nel centro da tre arcate al piano rialzato e da finestre ornate: al primo piano corre una balaustra di pietra.

Molto interessante la decorazione di alcuni ambienti del piano terreno. Gli affreschi di una sala sono attribuiti a Vincenzo Bonomini. Per ragioni ereditarie, la villa passò dai Mosconi, agli Spinelli, quindi al marchese Costanzo Del Carretto e successivamente al marchese Emanuele Gonzaga, la cui figlia Maria Antonietta sposa il conte Pio Leone Medolago Albani, la famiglia che attualmente ha creato attorno alla villa una ormai notissima azienda vitivinicola.

 

Palazzo delle Stanze

Si trova al termine della contrada di Strada, prima della Riva, sulla strada che porta a Gorlago. Le sue origini, come quelle degli antichi vicini edifici superstiti, risalgono al medio evo, se non prima: nel 1405 furono abrusciate le case et stanze grande di Viscardino….Lanzi, nelle quali erano quattro torculari fortificati e nelle stanze grandi erano 22 letti forniti e molti altri utensili e vasi… Dopo i Lanzi vi ebbero residenza sempre famiglie nobili gli Zonca, i Vitalba, i Giovanelli, questi dalla metà del Settecento fino quasi al 1870, quando il complesso entrò in proprietà della famiglia svizzera De Gonzenbach, che vi impiantò, con qualche modifica ed aggiunta, una filanda, rimasta in funzione fino agli anni Trenta. E proprio con il nome di filanda era conosciuta la zona, fino al felice recupero del più antico le stanze. Furono quasi certamente i Giovanelli a modificare l’edificio in stile settecentesco: ne derivò una struttura ad U, con un corpo centrale a tre piani (oggi sede della biblioteca comunale), le due ali laterali terminano con due altri passanti aperti a loggia e racchiudevano un giardino pensile (oggi sostituito da acciottolato) ed una larga vasca: il tutto limitato a sud da una balaustrata in pietra verso l’avvallamento dove scorre il Tadone. I Giovanelli ottennero nel 1777 un privilegio da papa Pio VI per l’altare della chiesa che avevano costruito in un lato del palazzo. Conteneva una pala dell’Immacolata cui era dedicata, opera di Francesco Capella. Dopo il passaggio in proprietà comunale negli anni Ottanta, il complesso ospita, oltre la biblioteca, appartamenti e sala riunioni; sono stati messi in luce i resti degli affreschi medievali; è stato bonificato il parco con le piante secolari e tutta la vasta aera circostante sta per essere trasformata in parco urbano. E’ monumento nazionale dal 1932.

 

Palazzo a Strada

Non è senza significato che proprio in questa contrada vi siano, come si è visto, due chiese e molte case nobili: il toponimo Strada, che appare consolidato già nel secolo XIII, deve il suo nome al fatto che questa era un tratto della strada che, staccandosi forse a Carobbio da una via Bergamo-Brescia, si avviava verso nord, verso la valle Cavallina e la valle Canonica. Era la strada quasi certamente unica, nei tempi antichi, degna di tal nome. Lungo questa strada sorsero le abitazioni: si leggono ancora date del Cinquecento su porte ed arconi. Tra le case che si distinguono vi è un palazzotto recentemente restaurato, dalle linee e decorazioni barocche, con balconcini in ferro battuto, e con l’interno ampiamente affrescato da pennello non mediocre, con storie della mitologia, della letteratura antica ed immagini sacre. L’autore è ignoto. Dai resti dello stemma, che si vedono sulla facciata, sembrerebbe appartenuto ad una famiglia Bossi, come indica lo Stemmario Camozzi della Biblioteca civica di Bergamo: in effetti una famiglia Bossi o Bassi era proprietaria di terreni nella zona di Strada, terreni poi venduti ai conti Mosconi.

 

Bonicelli alla Torre

Bonicelli.jpg (96340 byte)A fianco della romanica chiesa di San Vincenzo, quasi certamente nel luogo dell’antica curtis longobarda (e forse su precedente insediamenti di epoca romana), sorse un castello, dalle possenti murature, in parte ancora visibili e con la torre (monumento nazionale, alta venti metri,, metà dell’originale, per il più volte citato decreto di Venezia, con i lati di oltre nove metri e mezzo, la più grande delle torri sopravvissute), che ha finito con il diventare il simbolo della contrada, che tuttavia, già era così chiamata nel secoloIX. Difficile comporre la esatta configurazione originaria della costruzione: si riconosce un’altra torre, di quasi sei metri di lato, di fronte all’abside di San Vincenzo, insieme con un gruppo di edifici, che hanno subito trasformazioni fino a tempi recenti.

Due medaglioni sullo scalone del cortile meridionale consentono la ricostruzione dei rifacimenti architettonici dei secoli XVI-XVIII. Antico possedimento, anche questo, dei Lanzi, dal 1400, sembra proprietà della famiglia Castelli, originaria di Gandino, poi diventata una della più influenti di Trescore. Quindi sono subentrati i nobili Rossi: estinta questa famiglia all’inizio dell’Ottocento, dopo vari passaggi, è venuta in proprietà del dottor Pietro Bonicelli Della Vite, presidente onorario della Corte di Cassazione, fino alla sua morte nel 1963. Attualmente il complesso è diviso tra diversi proprietari privati.

 

Piazza Cavour    piazza.jpg (53748 byte)

Ricordata negli antichi documenti (sec. XII) come platea mercati, l’ampia piazza dal secolo scorso intestata a Cavour, è effettivamente stata sede del mercato, prima mensile, poi quindicinale, infine settimanale, fino agli anni Settanta del Novecento: uno dei mercati più grandi, se non il più grande della provincia di Bergamo.

Proprio per questo, lungo i secoli tutte le famiglie più importanti avevano case e palazzi qui affacciati, insieme con le rispettive torri: se ne vedono ancora i resti di almeno sei. Nel vicolo Zenoni vi è la più antica, che risale al secolo XI, mentre quella un tempo dei Suardi si innalza ancora oggi alle dimensioni originarie. Nel secolo XV Venezia aveva ordinato di abbattere le torri, che erano segno di potenza delle famiglie nobili, per evitare il ripetersi delle tragiche vicende del periodo delle fazioni.

Quella che domina la piazza (elencata tra gli edifici monumentali della provincia), come si può vedere, è stata innalzata in due tempi: gli ultimi lavori sono del secolo XVIII. E’ monumento nazionale. Sul lato orientale, all’imbocco di viale Locatelli, sono i resti di antiche botteghe, che conservano tracce di affreschi rinascimentali, di fronte alle quali sono avanzi di una casa borghese del secolo XIII, restaurata negli anni Cinquanta dall’ingegner Luigi Angelici.

Sempre sul lato orientale della piazza è visibile la bella facciata quattrocentesca dell’attuale palazzo della Torre Piccinelli, fino alla fine del Settecento proprietà del conte Lupi. Al suo fianco si estendeva il palazzo dei conti Albani, poi conti Suardi, con la chiesa dedicata a San Pio V. Il lato settentrionale e parte di quello occidentale erano residenza di un ramo della famiglia dei marchesi Terzi: resta lo scudo datato sul portone a nord, insieme con le muraglie medievali, recentemente messe in luce. All’imbocco di via Tiraboschi, una bella architettura di impronta neoclassica, ma appoggiata a strutture, ancora visibili, di origine medievale.Piazza-Cavour4.jpg (69407 byte)

Il centro della piazza è occupato da una grande fontana, costruita all’inizio dell’Ottocento, quando fu attivato il primo acquedotto: nel 1843 vi si pose il gruppo rappresentante Igea, dea della salute, in atto di risanare un infermo: evidente, e voluto, il riferimento alle acque termali. L’opera in marmo di Carrara è dello scultore Francesco Somaini (1795-1855), professore all’Accademia di Brera.

 

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Le Terme

Terme-Interno.jpg (177772 byte)Conosciuti fin dall’epoca romana (sono stati trovati resti archeologici), i Bagni di Trescore sono stati una prima volta restaurati nel secolo IX sotto il regno di Carlo Magno.

Hanno un nuovo periodo di decadenza nell’alto medio evo, quando i locali vengono occupati dalle monache benedettine, dette di San Pancrazio, dal nome della chiesa ivi esistente, fino alla metà del Quattrocento: Trescore è al centro delle guerre tra guelfi e ghibellini e ciò non favorisce certamente il soggiorno alle terme.

Nel 1469-1470, Bartolomeo Colleoni, capitano generale degli eserciti della Repubblica di Venezia, trasferisce il monastero presso la chiesa di Santo Stefano, dove oggi sorge l’ospedale, e ricostruisce, praticamente dalle fondamenta, il nuovo stabilimento termale, che regala alla città di Bergamo, dopo aver ottenuto dal doge privilegi ed esenzioni per favorirne lo sviluppo. Si vedono, ben conservate, non poche strutture quattrocentesche, comprese colonne e capitelli con lo stemma colleonesco ed il ritratto della giovane figlia Medea, morta nel 1470, anno della inaugurazione. Nuovi restauri nel 1580, ad opera del podestà Silvano Capello, con solenni cerimonie e la benedizione della restaurata chiesa di San Pancrazio. Pur con alterne vicende, ma con continui abbellimenti, scoperta di nuove sorgenti, ingrandimento degli alberghi, le terme di Trescore sono diventate le più famose della Lombardia. Lungo i secoli vi sono passati personaggi illustri, daiTerme.jpg (136901 byte) condottieri ai vescovi, dai regnanti ai medici, dai nobili alla povera gente, per la quale era organizzato un servizio di cure gratuite, volute dallo stesso Colleoni. Dal 1 al 26 maggio 1862 è stato ospite Giuseppe Garibaldi, che a Trescore contava non pochi amici: qui pensò ad un’ardita spedizione contro l’Austria per liberare il Trentino, che è passata nella nostra storia risorgimentale come i fatti di Sarnico.

Attualmente lo stabilimento termale è, per quanto riguarda le cure, tra i più attrezzati d’Europa. Aperte tutto l’anno, negli ultimi anni hanno registrato uno sviluppo cospicuo sia per la frequenza (circa 25.000 persone all’anno, più di 600.000 prestazioni terapeutiche), sia per il potenziamento delle strutture e delle apparecchiature. Vengono praticate inalazioni a getto, humages, aerosol, docce nasali, ventilazioni polmonari, insuflazione endotimpanica, irrigazioni vaginali. Nel contesto del compendio termale funziona un hotel con 78 ampie camere, ampi soggiorni, sale televisive e gioco, un bellissimo parco.

 

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Monumento_Caduti.jpg (160820 byte)Opera dello scultore Mario Vescovi.